martedì 28 giugno 2011

Come è cominciato il calcio in Brasile

Il calcio moderno è nato in Gran Bretagna, che ha poi gemmato questo sport in tutto il pianeta. Ma pochi sanno che tra ciò che oggi chiamiamo Brasile e ciò che oggi chiamiamo Paraguay si correva già dietro a un pallone e si cercava di infilarlo da qualche parte.
Certo, parliamo di Maya, Indios, Aztecas, Guaraní, Xavantes. Fin da tempi antichissimi. Ignoriamo in quanti lo giocassero o se applicassero l’uomo o la zona, ma abbiamo ottime testimonianze archeologiche di questo simpatico fatto.
E anche racconti. Il gesuita catalano José Manuel Peramás, nato nel 1732 e inviato in missione da quelle parti, racconta nel suo libro “De vita et moribus tredecim virorum Paraguaycorum”: "Solevano giocare al pallone che, anche se di gomma piena, era così leggero e veloce che, una volta ricevuto il colpo, continuava a rimbalzare per un bel pezzo, senza fermarsi, spinto dal proprio peso. Non lanciano la palla con le mani, come noi, ma con la parte superiore del piede nudo, passandola e ricevendola con grande agilità e precisione…". 

Il calcio rimase uno dei pochi segreti che i nativi riuscirono a tenersi a lungo per loro, visto che gli altri brasiliani ignorarono il gioco del loro futuro fino a fine Ottocento.
Nel 1894 tale Charles William Miller, ventenne, sbarca a São Paulo – dopo due pallosissimi mesi di navigazione - proveniente da Southampton, Inghilterra. Vi era stato mandato undici anni prima per ricevere una buona istruzione dal padre John, ingegnere scozzese emigrato in Brasile che aveva sposato Carlota Fox, brasiliana di origine inglese.
Charles William torna in famiglia di umore pessimo, perché in Britannia stava benone; ma anche con due palloni da calcio in cuoio, originali da Londra, perché in Britannia era stato buon calciatore. Trova lavoro come impiegato in una azienda ferroviaria della capitale paulista, e nel tempo libero raduna nuovi amici per insegnare a giocare a futébol.
Anche se pare che altri transfughi dalla Gran Bretagna avessero già organizzato quattro calci a una bola in Brasile (si ricorda una partita fra marinai inglesi su una spiaggia di Rio, nel 1874… ma per favore…!), Miller è considerato il padre del calcio moderno dei pentacampioni. La prima partita ufficiale viene giocata a  São Paulo, nella Várzea do Carmo, il 14 di aprile 1895: impiegati e dirigenti della Companhia de Gás contro impiegati e dirigenti della Estrada de Ferro São Paulo Railway. 4-2 per i ferroviari.

Il calcio brasiliano nasce quindi in ambiente bianco e tra le classi medio-alte, e si diffonde presto in tutti gli Stati grazie a viaggi e conoscenze di costoro. Quelli di colore, ovviamente poveri, osservavano questa strana cosa da lontano, cercavano di capire le regole, mettevano insieme le proverbiali palle di stracci e giocavano dove ce la facevano. Magari meglio dei bianchi… difficilmente il funambolico futébol bailado che farà la fortuna del Brasile verde-oro poteva nascere dalla rigida tatticologia britannica che Miller aveva portato con sé.

Comunque: 


-        il São Paulo Athletic Club è fondato direttamente da Miller già nel 1894;


-        il 19 ottobre 1901 c’è la prima partita fra quello e una rappresentativa carioca che prenderà poi il nome di Fluminense, finisce 1-1; 


-        il 19 dicembre 1901 viene fondata la Liga Paulista de Football (federazione già professionista, riservata a soli bianchi), indovinate da chi; 


-        nel 1902 c’è il primo campionato ufficiale in terra brasiliana, il Campeonato Paulista de Futebol, vinto dalla squadra di Miller; 


-        nel 1905 parte il campionato nello Stato di Bahia, abbastanza distante dall’onnipresente Miller da essere il primo giocato ad armi pari; 


-        nel 1904 a Rio nasce il Botafogo, ma il primo campionato carioca (1906) è appannaggio della Fluminense; 


-        il 30 maggio 1909, sempre a Rio, abbiamo la partita con maggior numero di reti nella storia del calcio brasiliano: Botafogo-Spot Club Mangueira 24-0;


-        nel 1910 nasce il Corinthians, tifato dalle classi popolari di São Paulo, un grande futuro davanti;


-        1912, a Rio: nasce il Flamengo, che si occupa però principalmente di canottaggio, e qualcosina di calcio;


-        nel 1914 sempre a Rio, sponda Fluminense, un certo Carlos Alberto si tingeva di polvere di riso prima delle partite per nascondere di essere di colore… naturalmente venne beccato durante una partita con acquazzone; 


-        1915, ancora a Rio: nasce il Vasco da Gama, anche loro rivali di remo del Flamengo, ma poi subito dietro a un pallone;


-        1920: il Vasco da Gama vince il campionato carioca schierando per la prima volta – in ambito professionistico – calciatori poveri e di colore.     


In quei primi anni, lo scrittore Graciliano Ramos scrive che la popolarità del calcio è passeggera, e che torneranno presto in auge gli sport brasiliani per eccellenza: la corsa, molto utile a chi vive rubando galline; la conduzione delle mandrie; la cavalcata senza sella dei puledri.
Un giornalista, Lima Barreto, afferma che il calcio è causa di ignoranza e imbecillità e fonda la "Liga Contra o Foot-ball" con lo scopo di proibirlo. 
Nel 1916, l’Accademia nazionale di Medicina consiglia di vietare il calcio ai minori di 18 anni.

lunedì 20 giugno 2011

Il Brasile prima del Brasile

ll 23 aprile del 1500, l'esploratore portoghese Pedro Álvares Cabral sbarca su una spiaggia vicino all'odierna cittadina di Porto Seguro, nell'altrettanto odierno stato di Bahia.
L'incarico di re Manuel I a Cabral era di replicare la rotta di Vasco da Gama - che aveva circumnavigato l'Africa ed era arrivato in India - per rafforzarvi la presenza portoghese e cattolica e stabilire relazioni commerciali permanenti. Parte da Lisbona il 9 marzo 1500 con tredici navi e 1.500 uomini. Nei pressi di Capo Verde una tempesta danneggia una nave e la obbliga a tornare a casa. Per evitare altri guai - mica che mi facciano pagare le navi incidentate... - Cabral cerca di stare lontano dalle correnti africane e prende una rotta molto più a occidente.
Nel punto più stretto dell'Atlantico, la corrente equatoriale spinge naturalmente verso ovest; Cabral sbaglia quindi strada e approda sulle coste poi brasiliane.
La prima cosa che i portoghesi vedono è una montagna; visto che è Pasqua, la chiamano Monte Pascoal; è mercoledì 22 aprile 1500. Il giorno dopo mettono piede su una spiaggia, credono essere un'isola e la chiamano "Ilha da Vera Cruz".

Altri dicono che i portoghesi conoscessero già il Brasile fin dal 1494 (trattato di Tordesillas) e che Cabral vi arrivi di proposito, per motivi suoi. Comunque scambia qualche parola amichevole, un berretto rosso, un cappuccio di lino e un sombrero scuro per una coccarda di piume e una collana di conchiglie bianche con i 18 nativi accorsi sulla spiaggia a osservare gli alieni; pianta una grossa croce e riparte già il 3 maggio 1500.
Il 20 luglio Cabral è ormai tornato sulla retta via (approda in Mozambico) e il 13 settembre sbarca in India, a Calicut; una sua nave mandata in avanscoperta in agosto aveva nel frattempo scovato il Madagascar... ma tutto questo non ci interessa più.

Il Brasile era entrato nella storia zitto zitto, pochi giorni passati in spiaggia da un navigatore forse maldestro. L'unica azione priva di banalità compiuta da Cabral fu raccogliere qualche tronco di pau-brasil (Caesalpinia echinata), da cui il nome del nuovo territorio.
L'anno dopo ci fa un salto il fiorentino Amerigo Vespucci, ma per quasi un secolo il Brasile portoghese è consistito in pochi centri sulla costa: l'immensità della foresta metteva una discreta fifa.
Poi - da parte di popoli che avevano messo in croce il loro stesso dio, come narrano ancora oggi i nativi - iniziarono conquista, violenza, schiavitù, pistole e cannoni, malattie, deforestazione...

Ma chi abitava dunque il Brasile, quello vero?
Tra i nativi di quelle parti e gli europei c'era un abisso di 40.000 anni. Anche loro erano arrivati da un lontano altrove:
- a piedi, attraverso lo stretto di Bering congelato o perché le acque erano più basse (tre migrazioni, la prima nel 9.000 a.C.);
- su semplici ma resistenti zattere, dalla Polinesia o perfino dall'Africa (20.000 a.C. circa);
- con un viaggio dall'Australia all'Antartide (molto più esteso di oggi) e poi di nuovo verso nord;
- e una quarta ipotesi, recente e basata sulla genetica, parla di un apparentamento di alcuni di loro sia con gli aborigeni australiani che - parrebbe incredibile - con gli abitanti delle isole Andamane, nell'oceano Indiano.

All'arrivo dei portoghesi, su ciò che oggi chiamiamo Brasile, erano presenti 2.000 differenti tribù nomadi e seminomadi che vivevano di caccia, pesca e agricoltura (senza utilizzare animali, tutto a mano). Si calcola che i nativi fossero allora più di cinque milioni.
Nel 1997 erano 300.000.
La varietà di tribù e nazioni fra i nativi era molto grande, e non è quindi del tutto serio considerarli come un'unica entità etnica.
L'organizzazione sociale era basata su piccole tribù, ma anche con vere e proprie nazioni sovratribali di migliaia di individui e su territori molto estesi. Parlavano centinaia di lingue, anche molto differenti tra loro, delle quali origini e connessioni sono ancora oggi in buona parte sconosciute. Più simili tra loro erano le concezioni spirituali sul mondo, basate sulla comunità egualitaria, il rispetto della natura, l'animismo, il culto degli antenati, l'ignorare del tutto la menzogna.