venerdì 28 ottobre 2011

Un bel film: "L’anno in cui i miei genitori andarono in vacanza"

”O ano em que meus pais saíram de férias”, Brasile, 2006; regia di Cao Hamburger; con con Michael Joelsas, Daniela Piepszyk, Germano Haiut, Paulo Autran, Caio Blat, Simone Spoladore

Un ragazzino di nome Mauro gioca a calcio – nella sua fantasia – spostando dei bottoni sul tavolo di casa. I suoi genitori devono partire, vanno in vacanza, ma gli assicurano che saranno di ritorno per la Coppa. In questo periodo Mauro sarà ospite di quel simpaticone di nonno Motel; Mauro è comunque su tutte le furie, saluta storto i genitori e si dirige verso il condominio dove abita il nonno.
Solo che nonno Motel muore prima di poter aprire la porta al nipote.
Mauro non capisce più niente, odia ancora di più i genitori partiti per divertirsi senza di lui, non sa cosa fare…  viene accolto in qualche maniera da Shlomo, malmostoso ebreo polacco vicino del nonno.

Siamo in Brasile, tarda primavera del 1970.
Nelle radio e nelle televisioni, su ogni foglio di giornale, in tutti i discorsi della strada e della gente l’argomento è uno solo: cosa combinerà la Seleção, la nazionale di calcio verde-oro, nei prossimi Mondiali in Messico? Nonostante manchi poco e tutto il mondo veda i brasiliani come favoriti, incertezza e inquietudine regnano sovrane… perché l’allenatore mago João Alves Jobin Saldanha è stato rimosso dal suo incarico a poche settimane dall’inizio del torneo? Riuscirà il suo sostituto Mário Jorge Lobo Zagallo a tenere insieme la squadra? Si dice che Pelé sia infortunato, o addirittura non voglia giocare. O che Saldanha avesse suggerito a Zagallo di far giocare insieme Jairzinho, Gerson, Tostão, Pelé e Rivelino, pensa un po’, cinque numeri dieci in attacco…

Mauro passa le giornate a scrutare la strada in attesa del Volkswagen blu dei suoi genitori, guarda in televisione il Brasile che come d’incanto ha risolto tutti i suoi problemi e vola verso la sua terza Coppa del Mondo. Gira il quartiere a lui sconosciuto, cresce, vive la quotidianità e la strada, sorride e si arrabbia, ha fame. Attraverso questo spicchio di Brasile in una sorta di inconsapevole, acquea, discreta educazione sentimentale e sociale, se la cava da solo anche con i propri sentimenti. Bene attento a capire tutto – soprattutto ciò che la gente si tiene ben nascosto -  ma anche a non esporsi in quel mondo di adulti. Mauro impara a prendersi cura di sé.

Un mondo che, di fatto, si comporta come lui. Con la passione verso la Seleção. Con il discorso sul calcio che mette in relazione quando ogni altra relazione può diventare un problema. Con ciò che tutti sanno. Con l’attesa che il presente finisca e che dopo tutto torni come e più bello di prima. Con legami spezzati, sospetto, penombra, corridoi vuoti. Amici e vicini che un tempo vedevi ogni giorno. Appunto: vedevi…
I genitori di Mauro hanno lasciato il Brasile perché ogni tanto qualcuno attorno a loro spariva. Una dittatura sanguinaria ha tenuto soggiogato il Paese dal 1964 al 1984; attorno al 1970 ha avuto il suo periodo più violento contro chiunque sia sospettato di qualsiasi cosa. O sia anche solo finito sull’agendina sbagliata. Era la dittatura di Garrastazu Medici e Geisel, a base di arresti per strada, scariche di corrente elettrica, annegamenti, finte e vere fucilazioni.
  
Una toccante, discreta, coinvolgente, suggestiva storia di sopravvivenza attraverso gli occhi di una ragazzino. Mauro e il Brasile cercano un modo di esistere nonostante tutto. Anche quando niente più sembra possibile… cinque numeri dieci insieme e Saldanha (gli era stata tolta la nazionale perché si diceva fosse comunista) non più in panca, pensa un po’…

martedì 27 settembre 2011

I brasiliani alla liberazione dell'Italia

Non si pensi che la Seconda Guerra Mondiale abbia devastato solo Europa e Asia: i micidiali sottomarini di Hitler, per tagliare i rifornimenti di materie prime alle potenze alleate, scendevano l’Atlantico fin sotto l’equatore per lanciare siluri contro le navi brasiliane, spesso a poche miglia marine dalle coste di Pernambuco, Sergipe, Bahia, Ceará. Le vittime furono moltissime e il danno economico molto alto; e addirittura centrali di spionaggio naziste furono impiantate a Rio e in altre città, in un Paese che con la Germania non aveva fondamentalmente nulla a che fare.
All’inizio il Brasile era neutrale. Il presidente Getúlio Vargas era anzi un grande ammiratore di Mussolini, e molte delle riforme sociali applicate in Brasile le aveva prese di peso dalla legislazione fascista. Ma le pressioni degli USA, impegnatissimi contro l’Asse Berlino-Roma-Tokyo, si fecero sentire ben forti nelle orecchie brasiliane: investiremo da voi, vi faremo diventare ricchi… ma se non state con noi vi consideriamo nostri nemici, saranno tutti cavoli vostri… argomenti piuttosto espliciti per fare cambiare idea a Vargas e cercare di fermare i siluri nemici. Siluri purtroppo anche italiani, perché la nave da guerra Barbarigo fu una di quelle che fecero vittime e danni a imbarcazioni con la bandiera verde-oro.

Un discorso toccante riguarda la presenza del contingente brasiliano in Europa. Non lo sanno in tanti, ma l’Italia è stata liberata dal nazi-fascismo anche grazie ai soldati di Rio: arrivati a Napoli già sotto il controllo degli statunitensi, un po’ alla chetichella, i brasiliani hanno risalito la penisola e sono stati determinanti – con partigiani e Alleati - nello sconfiggere tedeschi e fascisti sull’Appennino tosco-emiliano. Intere zone delle province di Lucca, Pistoia, Parma, Bologna devono al Brasile la fine dei massacri degli occupanti nazisti. A fine aprile del 1945, sopra Bologna, 15.000 militari tedeschi armati di tutto punto si sono arresi ai brasiliani, che hanno poi sfilato in varie città tra gli applausi della popolazione. Soldati brasiliani hanno sfilato tra la gioia riconoscente di tutti noi anche a Pisa, Piacenza, Torino.    

Semplicemente: “Obrigados, Brasil!”.

martedì 12 luglio 2011

Cos'è il calcio...

“Solo il calcio permette a tutti noi di sentirci a sessanta anni esattamente come ci sentivamo a sei. Tutte le altre passioni infantili o si fanno più serie oppure spariscono, e non esiste un modo adulto per essere appassionato di calcio.
Un adulto dovrebbe essere in grado di mettere la passione da parte… ma la devozione a una squadra e ai suoi colori è come l’appartenenza a un’altra nazione.
Quando la squadra perde, questa passione diventa desolazione o furia assassina. Quando vince, essa si fa esultanza da guerriero.
Su questa passione potete elaborare teorie razionali, tesi sul pallone, osservazioni sociologiche sulla massa dei tifosi o della poesia su un passaggio… ma tutto ciò è sempre finzione. Un camuffamento, solo questo.
Dietro ogni freddo e teorico analista di questo sport, dietro il più distratto e incravattato osservatore c’è un guru che si agita forsennatamente sulla panchina…”

(Luis Fernando Verissimo, giornalista e scrittore, tifoso dell’Internacional Porto Alegre)

martedì 5 luglio 2011

IL BRASILERÃO


Ufficialmente, il massimo campionato di calcio in Brasile si chiama Série A, ma Brasilerão è come tutti lo chiamano.
Il Brasilerão 2011 è iniziato da poche settimane.  A oggi (5 luglio 2011, settima giornata) la classifica è questa: Corinthians 19; Palmeiras e Botafogo 17; Figueirense e Flamengo 16; São Paulo 15; Fluminense, Cruzeiro e Internacional 12; Vasco da Gama 11; Coritiba 10; Santos e Grêmio 9; Bahia e Atlético-MG 8; Atlético-GO e Ceará 7; America-MG 5; Avaí 3; Atlético-PR 1. La partita che ha fatto più sensazione è sicuramente stata quella di dieci giorni fa: la allora capolista São Paulo veniva annientata dall’arrembante Corinthians per 5-0.

L’organizzazione dei campionati da quelle parti è più complessa della nostra. Il Brasile è uno Stato federale, e ognuno dei 27 Stati che lo compongono ha un suo campionato. Grazie a un sistema simile a quello che qualifica le squadre europee alla Champions League, da ciascuno dei campionatj (gli Estaduais) si scelgono le 20 squadre per il Brasilerão (e non è detto che tutti gli Stati ci siano). I primi quattro classificati prenderanno poi parte alla Copa Libertadores, la Coppa dei Campioni latinoamericana. Esistono anche la Série B, la Série C e la Série D, tutte formate da squadre via via classificate negli Estaduais.

Un’altra cosa strana rispetto agli albi d’oro europei è che il Brasilerão ha una storia breve: è nato solo nel 1971! Di per sé, dal 1959 (comunque poco rispetto allo scudetto 1898 del Genoa, per esempio) al 1968 si è giocata una manifestazione nazionale chiamata Taça Brasil; nel 1967 viene istituito anche il Torneio Roberto Gomes Pedrosa, che si gioca insieme alla Taça fino al 1970. Questi i vincitori dell’una e dell’altro:
1959 - BAHIA (Taça Brasil)
1960 - PALMEIRAS São Paulo (Taça Brasil)
1961 - SANTOS (Taça Brasil)
1962 - SANTOS (Taça Brasil)
1963 - SANTOS (Taça Brasil)
1964 - SANTOS (Taça Brasil)
1965 - SANTOS (Taça Brasil)
1966 - CRUZEIRO Belo Horizonte (Taça Brasil)
1967 - PALMEIRAS São Paulo (Taça Brasil e Torneio Gomes Pedrosa)
1968 - SANTOS (Torneio Gomes Pedrosa); BOTAFOGO Rio (Taça Brasil)
1969 - PALMEIRAS São Paulo (Torneio Gomes Pedrosa)
1970 - FLUMINENSE Rio de Janeiro (Torneio Gomes Pedrosa)

Ai Mondiali del 1970, il Brasile vince per la terza volta (Brasile-Italia 4-1) e si aggiudica definitivamente la Coppa Rimet. La giunta militare al potere a Brasilia – ricordiamolo, una delle più feroci della storia – coglie l’occasione per puntare sul calcio come mezzo di distrazione di massa: costruiti nuovi stadi, prezzi di ingresso popolari, più futébol anche in televisione; e il campionato unico, appunto il Brasilerão, per l’anno dopo.

Dal 1971 al 2002, il Brasilerão si gioca con partire a eliminazione diretta (in Brasile chiamata mata-mata). L’albo d’oro di questo periodo vede questi vincitori:
1971 - ATLÉTICO MINEIRO Belo Horizonte
1972 - PALMEIRAS São Paulo
1973 - PALMEIRAS São Paulo
1974 - VASCO DA GAMA Rio de Janeiro
1975 - INTERNACIONAL Porto Alegre
1976 - INTERNACIONAL Porto Alegre
1977 - SÃO PAULO
1978 - GUARANI Campinas
1979 - INTERNACIONAL Porto Alegre
1980 - FLAMENGO Rio de Janeiro
1981 - GRÊMIO Porto Alegre
1982 - FLAMENGO Rio de Janeiro
1983 - FLAMENGO Rio de Janeiro
1984 - FLUMINENSE Rio de Janeiro
1985 - CORITIBA Curitiba
1986 - SÃO PAULO
1987 - SPORT Recife
1988 - BAHIA
1989 - VASCO DA GAMA Rio de Janeiro
1990 - CORINTHIANS São Paulo
1991 - SÃO PAULO
1992 - FLAMENGO Rio de Janeiro
1993 - PALMEIRAS São Paulo
1994 - PALMEIRAS São Paulo
1995 - BOTAFOGO Rio de Janeiro
1996 - GRÊMIO Porto Alegre
1997 - VASCO DA GAMA Rio de Janeiro
1998 - CORINTHIANS São Paulo
1999 - CORINTHIANS São Paulo
2000 - VASCO DA GAMA Rio de Janeiro
2001 - ATLÉTICO PARANAENSE Curitiba
2002 – SANTOS

Dal 2003 si instaura un girone generale all’italiana, con tutti che affrontano tutti. I campioni del Brasile con questa formula sono stati:
2003 - CRUZEIRO Belo Horizonte
2004 - SANTOS
2005 - CORINTHIANS São Paulo
2006 - SÃO PAULO
2007 - SÃO PAULO
2008 - SÃO PAULO
2009 - FLAMENGO Rio de Janeiro
2010 - FLUMINENSE Rio de Janeiro

Il 22 dicembre 2010, la CBF (Confederação Brasileira de Futébol) riconosce l’unificazione temporale del Torneo Pedrosa e della Taça Brasil con il Brasilerão, conteggiando così i titoli antecedenti il 1971 come titolo di campione del Brasile.

Tra le curiosità:
-                     Cruzeiro, Flamengo e Internacional sono le uniche squadre ad aver preso parte a tutte le edizioni dal 1971;
-                     Cruzeiro, Flamengo, Internacional, Santos e São Paulo non sono mai scese in Série B;
-                     nel 1974, alla seconda fase partecipano i primi classificati di ogni girone più le due squadre che hanno avuto più pubblico;
-                     il più prolifico goleador del Brasilerão è a tutt’oggi Roberto Dinamite, con 190 gol;
-                     Romário è stato il capocannoniere a età più avanzata, a 39 anni nel 2005;
-                     la goleada più larga è del 1983: Corinthians-Tiradentes Piauí 10-1.

martedì 28 giugno 2011

Come è cominciato il calcio in Brasile

Il calcio moderno è nato in Gran Bretagna, che ha poi gemmato questo sport in tutto il pianeta. Ma pochi sanno che tra ciò che oggi chiamiamo Brasile e ciò che oggi chiamiamo Paraguay si correva già dietro a un pallone e si cercava di infilarlo da qualche parte.
Certo, parliamo di Maya, Indios, Aztecas, Guaraní, Xavantes. Fin da tempi antichissimi. Ignoriamo in quanti lo giocassero o se applicassero l’uomo o la zona, ma abbiamo ottime testimonianze archeologiche di questo simpatico fatto.
E anche racconti. Il gesuita catalano José Manuel Peramás, nato nel 1732 e inviato in missione da quelle parti, racconta nel suo libro “De vita et moribus tredecim virorum Paraguaycorum”: "Solevano giocare al pallone che, anche se di gomma piena, era così leggero e veloce che, una volta ricevuto il colpo, continuava a rimbalzare per un bel pezzo, senza fermarsi, spinto dal proprio peso. Non lanciano la palla con le mani, come noi, ma con la parte superiore del piede nudo, passandola e ricevendola con grande agilità e precisione…". 

Il calcio rimase uno dei pochi segreti che i nativi riuscirono a tenersi a lungo per loro, visto che gli altri brasiliani ignorarono il gioco del loro futuro fino a fine Ottocento.
Nel 1894 tale Charles William Miller, ventenne, sbarca a São Paulo – dopo due pallosissimi mesi di navigazione - proveniente da Southampton, Inghilterra. Vi era stato mandato undici anni prima per ricevere una buona istruzione dal padre John, ingegnere scozzese emigrato in Brasile che aveva sposato Carlota Fox, brasiliana di origine inglese.
Charles William torna in famiglia di umore pessimo, perché in Britannia stava benone; ma anche con due palloni da calcio in cuoio, originali da Londra, perché in Britannia era stato buon calciatore. Trova lavoro come impiegato in una azienda ferroviaria della capitale paulista, e nel tempo libero raduna nuovi amici per insegnare a giocare a futébol.
Anche se pare che altri transfughi dalla Gran Bretagna avessero già organizzato quattro calci a una bola in Brasile (si ricorda una partita fra marinai inglesi su una spiaggia di Rio, nel 1874… ma per favore…!), Miller è considerato il padre del calcio moderno dei pentacampioni. La prima partita ufficiale viene giocata a  São Paulo, nella Várzea do Carmo, il 14 di aprile 1895: impiegati e dirigenti della Companhia de Gás contro impiegati e dirigenti della Estrada de Ferro São Paulo Railway. 4-2 per i ferroviari.

Il calcio brasiliano nasce quindi in ambiente bianco e tra le classi medio-alte, e si diffonde presto in tutti gli Stati grazie a viaggi e conoscenze di costoro. Quelli di colore, ovviamente poveri, osservavano questa strana cosa da lontano, cercavano di capire le regole, mettevano insieme le proverbiali palle di stracci e giocavano dove ce la facevano. Magari meglio dei bianchi… difficilmente il funambolico futébol bailado che farà la fortuna del Brasile verde-oro poteva nascere dalla rigida tatticologia britannica che Miller aveva portato con sé.

Comunque: 


-        il São Paulo Athletic Club è fondato direttamente da Miller già nel 1894;


-        il 19 ottobre 1901 c’è la prima partita fra quello e una rappresentativa carioca che prenderà poi il nome di Fluminense, finisce 1-1; 


-        il 19 dicembre 1901 viene fondata la Liga Paulista de Football (federazione già professionista, riservata a soli bianchi), indovinate da chi; 


-        nel 1902 c’è il primo campionato ufficiale in terra brasiliana, il Campeonato Paulista de Futebol, vinto dalla squadra di Miller; 


-        nel 1905 parte il campionato nello Stato di Bahia, abbastanza distante dall’onnipresente Miller da essere il primo giocato ad armi pari; 


-        nel 1904 a Rio nasce il Botafogo, ma il primo campionato carioca (1906) è appannaggio della Fluminense; 


-        il 30 maggio 1909, sempre a Rio, abbiamo la partita con maggior numero di reti nella storia del calcio brasiliano: Botafogo-Spot Club Mangueira 24-0;


-        nel 1910 nasce il Corinthians, tifato dalle classi popolari di São Paulo, un grande futuro davanti;


-        1912, a Rio: nasce il Flamengo, che si occupa però principalmente di canottaggio, e qualcosina di calcio;


-        nel 1914 sempre a Rio, sponda Fluminense, un certo Carlos Alberto si tingeva di polvere di riso prima delle partite per nascondere di essere di colore… naturalmente venne beccato durante una partita con acquazzone; 


-        1915, ancora a Rio: nasce il Vasco da Gama, anche loro rivali di remo del Flamengo, ma poi subito dietro a un pallone;


-        1920: il Vasco da Gama vince il campionato carioca schierando per la prima volta – in ambito professionistico – calciatori poveri e di colore.     


In quei primi anni, lo scrittore Graciliano Ramos scrive che la popolarità del calcio è passeggera, e che torneranno presto in auge gli sport brasiliani per eccellenza: la corsa, molto utile a chi vive rubando galline; la conduzione delle mandrie; la cavalcata senza sella dei puledri.
Un giornalista, Lima Barreto, afferma che il calcio è causa di ignoranza e imbecillità e fonda la "Liga Contra o Foot-ball" con lo scopo di proibirlo. 
Nel 1916, l’Accademia nazionale di Medicina consiglia di vietare il calcio ai minori di 18 anni.

lunedì 20 giugno 2011

Il Brasile prima del Brasile

ll 23 aprile del 1500, l'esploratore portoghese Pedro Álvares Cabral sbarca su una spiaggia vicino all'odierna cittadina di Porto Seguro, nell'altrettanto odierno stato di Bahia.
L'incarico di re Manuel I a Cabral era di replicare la rotta di Vasco da Gama - che aveva circumnavigato l'Africa ed era arrivato in India - per rafforzarvi la presenza portoghese e cattolica e stabilire relazioni commerciali permanenti. Parte da Lisbona il 9 marzo 1500 con tredici navi e 1.500 uomini. Nei pressi di Capo Verde una tempesta danneggia una nave e la obbliga a tornare a casa. Per evitare altri guai - mica che mi facciano pagare le navi incidentate... - Cabral cerca di stare lontano dalle correnti africane e prende una rotta molto più a occidente.
Nel punto più stretto dell'Atlantico, la corrente equatoriale spinge naturalmente verso ovest; Cabral sbaglia quindi strada e approda sulle coste poi brasiliane.
La prima cosa che i portoghesi vedono è una montagna; visto che è Pasqua, la chiamano Monte Pascoal; è mercoledì 22 aprile 1500. Il giorno dopo mettono piede su una spiaggia, credono essere un'isola e la chiamano "Ilha da Vera Cruz".

Altri dicono che i portoghesi conoscessero già il Brasile fin dal 1494 (trattato di Tordesillas) e che Cabral vi arrivi di proposito, per motivi suoi. Comunque scambia qualche parola amichevole, un berretto rosso, un cappuccio di lino e un sombrero scuro per una coccarda di piume e una collana di conchiglie bianche con i 18 nativi accorsi sulla spiaggia a osservare gli alieni; pianta una grossa croce e riparte già il 3 maggio 1500.
Il 20 luglio Cabral è ormai tornato sulla retta via (approda in Mozambico) e il 13 settembre sbarca in India, a Calicut; una sua nave mandata in avanscoperta in agosto aveva nel frattempo scovato il Madagascar... ma tutto questo non ci interessa più.

Il Brasile era entrato nella storia zitto zitto, pochi giorni passati in spiaggia da un navigatore forse maldestro. L'unica azione priva di banalità compiuta da Cabral fu raccogliere qualche tronco di pau-brasil (Caesalpinia echinata), da cui il nome del nuovo territorio.
L'anno dopo ci fa un salto il fiorentino Amerigo Vespucci, ma per quasi un secolo il Brasile portoghese è consistito in pochi centri sulla costa: l'immensità della foresta metteva una discreta fifa.
Poi - da parte di popoli che avevano messo in croce il loro stesso dio, come narrano ancora oggi i nativi - iniziarono conquista, violenza, schiavitù, pistole e cannoni, malattie, deforestazione...

Ma chi abitava dunque il Brasile, quello vero?
Tra i nativi di quelle parti e gli europei c'era un abisso di 40.000 anni. Anche loro erano arrivati da un lontano altrove:
- a piedi, attraverso lo stretto di Bering congelato o perché le acque erano più basse (tre migrazioni, la prima nel 9.000 a.C.);
- su semplici ma resistenti zattere, dalla Polinesia o perfino dall'Africa (20.000 a.C. circa);
- con un viaggio dall'Australia all'Antartide (molto più esteso di oggi) e poi di nuovo verso nord;
- e una quarta ipotesi, recente e basata sulla genetica, parla di un apparentamento di alcuni di loro sia con gli aborigeni australiani che - parrebbe incredibile - con gli abitanti delle isole Andamane, nell'oceano Indiano.

All'arrivo dei portoghesi, su ciò che oggi chiamiamo Brasile, erano presenti 2.000 differenti tribù nomadi e seminomadi che vivevano di caccia, pesca e agricoltura (senza utilizzare animali, tutto a mano). Si calcola che i nativi fossero allora più di cinque milioni.
Nel 1997 erano 300.000.
La varietà di tribù e nazioni fra i nativi era molto grande, e non è quindi del tutto serio considerarli come un'unica entità etnica.
L'organizzazione sociale era basata su piccole tribù, ma anche con vere e proprie nazioni sovratribali di migliaia di individui e su territori molto estesi. Parlavano centinaia di lingue, anche molto differenti tra loro, delle quali origini e connessioni sono ancora oggi in buona parte sconosciute. Più simili tra loro erano le concezioni spirituali sul mondo, basate sulla comunità egualitaria, il rispetto della natura, l'animismo, il culto degli antenati, l'ignorare del tutto la menzogna.